In Cina è cominciato l’anno della Tigre inaugurato da Chunjie 春节, letteralmente Festa di Primavera, più noto in Italia come il capodanno cinese. Tutto il Paese si ferma e per due settimane le leggende si legano alla modernità, con un obiettivo comune: tornare nella propria città di origine e celebrare l’inizio del nuovo anno lunare con la famiglia. Le stazioni sono prese d’assalto, il governo ha varato un piano speciale dei trasporti per questa occasione: dopo un anno di duro lavoro i cinesi vogliono tornare a casa, portare doni e raccontare la Cina che avanza.
Si pranza con cibi di buon auspicio, più importanti fra tutti i jiaozi 饺子, i ravioli al vapore: all’interno di uno di essi viene posta una piccola moneta per celebrare la fortuna di chi la troverà. Si mangia anche pesce e qualsiasi cibo che crei omofonie in grado di augurare prosperità e benessere. Si addobba la casa e ci si veste con almeno un indumento rosso, il colore della fortuna. Si ornano portoni e vetrine con i distici cinesi chiamati chunlian 春联, che riportano frasi biìeneaugurali contenenti caratteri come fu 福, «fortuna» e figure antiche in grado di scacciare gli spiriti maligni, ma soprattutto si sparano centinaia di migliaia di botti.
La festa ha origini contadine e racconta la cacciata di Nian 年, «anno» in cinese, un mostro che dagli abissi usciva per distruggere raccolti e sterminare le famiglie. Una notte i contadini però si radunarono in casa, aspettarono il mostro e lo sconfissero con il frastuono dei fuochi artificiali, all’epoca canne di bambù con polvere da sparo. Da qui la lotta con la natura e il desiderio di auspici per buoni raccolti.